mercoledì 9 maggio 2012

LAVORO E PARTITE IVA Un mondo sempre più in crescita. Rappresentano il 30% dei lavoratori

E' vocazione del Partito Democratico guardare con estremo interesse ai lavoratori e ai loro problemi, e questa è cosa buona e giusta. La nostra attenzione, per storia e tradizione, va subito, in particolare al mondo del lavoro dipendente e agli operai in particolare. Le riforme del mercato del lavoro, però, come tutti sanno, hanno generato mostruose forme flessibili di lavoro e fatto proliferare rapidamente, fino a farne diventare un vero e proprio “popolo” le partite iva. Si stima che il 30% della popolazione attiva, oltre 6 milioni di persone, siano consulenti o liberi professionisti. Per circa la metà si tratta di commercialisti, avvocati, consulenti o rappresentanti, per un'altra metà di persone che hanno dovuto optare per questa scelta come unica in grado di garantire loro un lavoro, spesso saltuario, spesso sottopagato, privo di ogni tutela previdenziale (se non a carico del lavoratore con ulteriore diminuzione della retribuzione). Nella quasi totalità di questi casi, questa formula giuridica nasconde, eludendo la normativa da parte di aziende attente più al contenimento dei costi che ai diritti dei lavoratori, un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, che lascia il lavoratore in una condizione cronica di precariato. Credo che, con questa premessa, sia chiaro che una parte consistente di lavoratori consideri il sacrosanto dibattito sull'articolo 18 interessante quanto una disquisizione su una regola grammaticale del Sanscrito, ovvero come una cosa che non li interessa (e, probabilmente mai li interesserà) in alcun modo. Il nostro Partito è sempre eccellente nel tutelare una parte di lavoratori (sempre meno consistente, purtroppo), ma molto meno capace di comunicare con questa parte che, oggi, rappresenta davvero quella meno tutelata, meno considerata, con meno prospettive. Moltissimi oggi, nel “popolo delle partite iva” sono quegli esclusi, quegli ultimi, quei senza speranza a cui, per vocazione e tradizione dovremmo guardare (peraltro sono tutti elettori in cerca d'autore) e per i quali dovremmo studiare proposte di riforma serie e capaci di costruire una società più equa. Su questo punto il Partito Democratico si sta cominciando ad impegnare, ma, a mio avviso, dovrà farlo sempre di più, per trovare meccanismi che disincentivino le aziende ad usare queste forme di consulenza, distinguendo tra finti e veri collaboratori esterni, fissando compensi minimi di legge o parametrandoli alla contrattazione collettiva relativa, come sottolineato dagli ex ministri Treu e Damiano sulle colonne dell'Unità. Da imprenditore, mi permetto di sottolineare come le scelte operate dalle aziende di utilizzare queste forme di lavoro extra contrattuali siano motivate non solo dal fatto che “gli imprenditori siano tutti brutti e cattivi”, ma anche, e forse soprattutto, dall'insostenibilità del costo del lavoro oggi presente in Italia, per cui dare uno stipendio dignitoso ad un lavoratore costa all'azienda il 90% in più del salario lordo che arriva, poi tassato, nelle tasche del lavoratore. Personalmente ritengo che l'Italia avrà una marcia in più soltanto nel momento in cui avrà un governo, auguriamoci sostenuto dal Partito Democratico, che avrà il coraggio di tagliare drasticamente la tassazione sul lavoro dipendente, dando ossigeno alle imprese ed aumentando il potere d'acquisto delle famiglie. Mi auguro che questo non sia soltanto un sogno. 


STEFANO LA MALFA

Nessun commento:

Posta un commento