domenica 6 novembre 2011

Raise, Pd: il PD responsabile e presente dall’inizio della crisi

Gentile direttore,

ieri sull’Eco di Biella il senatore Pichetto del PDL scrive in difesa della lettera che Berlusconi ha inviato pochi giorni addietro all’Unione Europea, in risposta alle recenti sollecitazioni di fare presto ad intervenire sul debito pubblico e sulla crescita. Pichetto sostiene che in quella lettera vi sia una prova di responsabilità del Governo, che senza perdere la propria autonomia si dimostra capace di rispondere agli appelli dell’Unione Europea, i quali oltretutto si situerebbero entro il medesimo terreno del programma di Governo ipotizzato a inizio legislatura. Nell’affermare tutto questo, Pichetto accusa le opposizioni di essere irresponsabili nonché antieuropeiste, a causa delle loro riserve verso i provvedimenti ipotizzati dal Governo in quella lettera.

Ora, il Partito Democratico non è disponibile ad accettare questo livello di semplificazione della realtà e di rifiuto delle responsabilità: innanzitutto da parte del Governo e poi della maggioranza che lo sostiene. Intendo sostenere che:


  1. In primo luogo non si sarebbe dovuti neppure arrivare alla situazione in cui è la Banca Centrale Europea, insieme con le sollecitazioni della coppia Merkel-Sarkozy, a dettare tempi e modi per abbattere il debito pubblico italiano e ridurre la crescita. Il nostro partito ritiene che la crisi economica che ha attraversato il mondo nel 2008 non è mai terminata e che la sua sottovalutazione continua, negli anni passati, da parte del Governo sia già una prova sufficiente a minare la sua attuale credibilità.

  2. Inoltre, nella lettera che Berlusconi ha inviato all’Unione Europea parla di provvedimenti generici e parziali, oltre che iniqui. Se l’UE ha chiesto una riforma del mercato del lavoro ed un welfare più snello ed aderente alle diverse condizioni di vita, Berlusconi capisce abolizione dell’articolo 18 e si dimentica ogni riferimento all’welfare; se l’UE ha chiesto una riduzione della spesa pubblica, Berlusconi risponde dismissioni e privatizzazioni senza neppure vagliare l’ipotesi dell’anticipo delle misure di riduzione dei costi della politica e della semplificazione burocratica; se l’UE ha chiesto la riforma del sistema pensionistico, Berlusconi capisce aumento dell’età pensionabile tout court, senza considerare il principio di volontarietà né immaginare un sistema di incentivi per continuare a lavorare. Le ricette di Berlusconi interpretano insomma in maniera parziale, e significativamente iniqua, le richieste che la Banca Centrale Europea gli ha rivolto.


Capisco perfettamente che fare bene, ora, per il Governo sia difficilissimo; le contingenze sono dure, e certamente non a causa sua, ma la sua grave inerzia di questi anni, la sua assenza nel campo dell’economia e delle politiche del lavoro ed industriali ha evidentemente peggiorato la situazione. Ma quanto di tutta questa è dovuto all’emergenza che si è effettivamente concretizzata negli ultimi tre mesi, dopo anni di crisi economica, della nostra industria e del nostro lavoro? Quando c’era da allentare un po’ il patto di stabilità per i Comuni virtuosi il Governo preferiva abolire l’ICI per tutti; e ora si trova, sdegnosamente, a ipotizzare una patrimoniale; quando c’era da lottare contro i privilegi ed aveva i numeri per farlo non ha varato e liberalizzazioni delle professioni, né alcunché sui costi della politica; quando c’era da agire con politiche industriali serie per salvare i distretti di qualità, ha preferito salvare l’italianità di Alitalia; quando c’era da ampliare la lotta al’evasione fiscale ha eliminato la tracciabilità dei pagamenti, rendendo molto più difficile evitare i cosiddetti crimini dei colletti bianchi. Con questo pedigree di inerzia, demagogia e superficialità del Governo, oggi nessun uomo della maggioranza ha le carte in regola per venire a dire al Partito Democratico di essere irresponsabile ed antieuropeista. Non a noi, che siamo l’unico partito in Italia ad aver detto dal 2008 a chiare lettere che la crisi c’era, che si doveva intervenire con maggiore sollecitudine ed equità onde evitare la condizione di emergenza sociale in cui versiamo, e che si sarebbe dovuto fare ciò nel segno di un’Europa più unita, più solidale e quindi più capace a bilanciare le differenze tra le economie nazionali in un sistema di regole ed orizzonti condivisi.

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